Le dodici tracce del sampler offerto in questo numero ai nostri lettori permettono di fare la conoscenza con questa label indipendente e del suo studio di registrazione, il Nightingale Studios, situato nei pressi di Roma, nati grazie alla passione visionaria e alla competenza di Lorenzo Vella, il quale crede in un’unica missione, quella di restituire la musica all’ascolto grazie a una filosofia squisitamente analogica
Il sampler messo a disposizione dei nostri lettori in questo numero è anche l’occasione per scoprire e conoscere meglio un’etichetta indipendente italiana, la Birdbox Records, che è nata da un’idea (ma sarebbe meglio scrivere da un sogno… ) di Lorenzo Vella (del quale si può leggere, in questo stesso numero, la sua intervista), un imprenditore tenace e visionario che con la sua label ha una missione ben precisa, quella di riportare la musica al massimo godimento di ascolto attraverso la creazione e la stampa di dischi in vinile in nome della più pura audiofilia. Così, in un’epoca dominata dalla freddezza digitale, Birdbox Records ha deciso di andare risolutamente controcorrente esaltando esclusivamente la dimensione analogica che prende avvio già in fase di presa del suono con sofisticati registratori a nastro capaci di catturare l’anima della musica, perfino preservandone le imperfezioni che la rendono unica e autentica. In questo modo, ogni sfumatura, ogni respiro, ogni vibrazione vengono immortalati su nastro e restituiti mediante la magia del vinile, i cui solchi vengono riempiti con le preziose informazioni sonore, tutte dedicate a un raffinato e coinvolgente jazz.
Per avere un’idea della qualità e della “filosofia” di questa etichetta discografica, il cui studio di registrazione, il Nightingale Studios, è anche a disposizione di altri artisti desiderosi di ottenere un suono riprodotto il più “puro” e “autentico” possibile, proponiamo dunque in questo numero questo sampler che contiene una tracklist con dodici tracce che fanno parte di sei distinti album che appartengono al catalogo della casa discografica di Palombara Sabina, in provincia di Roma.

Il primo gruppo di brani sono tratti dall’album 10/5 di Alessandro Bianchini, un vibrafonista e virtuoso della marimba, che vede la collaborazione di Simone Brilli alla batteria e di Marco Micheli al contrabbasso, con la presenza della voce di Beatrice Sberna per una traccia. Questo lavoro è un tipico crossover, il risultato di una contaminazione tra generi e stili diversi, che riflette la formazione musicale del trentino Alessandro Bianchini, un musicista che proviene dalla musica classica, che lo ha visto collaborare con alcune prestigiose compagini orchestrali per poi approdare a una visione squisitamente jazz. Da qui, una ricerca formale e contenutistica del suono che si riflette nella dinamica, a dir poco maniacale, con la quale sono impregnati tutti i brani del disco. Inoltre, come ricorda lo stesso Bianchini, di fondamentale importanza è stata la scelta timbrica delle bacchette che sono state scelte a seconda del brano, con l’idea di mettere insieme vibrafono e marimba, in modo da conferire un sound rigorosamente jazz. Così, i primi due brani della tracklist presentano proprio altrettanti pezzi di 10/5, ossia Invitation e Bud Powell, due classici del jazz americano riarrangiati ad hoc da Bianchini, mentre gli altri cinque brani del suo disco sono farina del sacco dello stesso artista trentino.
Invitation è una canzone di Bronisław Kaper, con testo di Paul Francis Webster, originariamente apparsa nel film L’indossatrice di George Cukor. La scelta di arrangiare questo celebre pezzo è nata dal desiderio di includere elementi ritmici e timbrici di un caposaldo del repertorio bop risalente all’inizio degli anni Cinquanta. Così, l’arrangiamento proposto da Bianchini incoraggia l’esplorazione musicale e conferisce spontaneità all’improvvisazione e all’interazione tra i musicisti del trio. Bud Powell è un classico di Chick Corea pubblicato in un album interamente dedicato al grande pianista scomparso prematuramente, intitolato Remember Bud Powell, e appartiene al tipico linguaggio bebop.

I due brani che seguono nel sampler sono quelli che appartengono all’album Anamorfosi di Umberto Fiorentino & Claudio Quartarone, esattamente Out of Nowhere e In a Sentimental Mood. Come si evince dalle note di presentazione, questo disco è stato “catturato” nell’anima calda dell’analogico e preservato nella nitidezza del digitale. Questo album è un viaggio sensoriale unico, dove l’autenticità del suono analogico incontra la precisione della registrazione a 192 kHz/24 bit grazie al convertitore Metric Halo ULN8 3D. Il tocco finale, interamente analogico, con una suite di outboard a valvole d’eccellenza, dona a questo disco una profondità e un’emozione senza pari”. Per ciò che riguarda gli strumenti, il romano Umberto Fiorentino ha utilizzato una chitarra costruita da Leonardo Manni, modello “Trevi”, mentre il catanese Claudio Quartarone ha usato una chitarra elettrica e una chitarra classica di Domenico Spada. Jazz caldo, rotondo, ricco di sfumature evocate dalle chitarre, atmosfere soffuse che si sprigionano da linee melodiche sempre ricche di inventiva e di soluzioni tecniche, da apprezzare con luci soffuse e un sorso di raffinato distillato.

Uno dei dischi più rappresentativi inseriti in questo sampler è sicuramente Happy Run, il nuovo e primo album italiano di Sasha Mashin, che vede la partecipazione di due artisti di primissimo ordine, il sassofonista Rosario Giuliani e il contrabbassista Makar Novikov. La storia di questo batterista russo è particolare e merita di essere raccontata. Mashin ha scelto l’Italia e Roma come luogo di residenza negli ultimi due anni dopo l’inizio del conflitto che ha coinvolto il suo Paese. In precedenza, Mashin ha vissuto a Mosca, dove ha svolto un ruolo di primo piano nella scena culturale e musicale della capitale russa, in cui era impegnato in particolare da due attività, ossia il cosiddetto Sasha Mashin Happy Lab, che si svolgeva una volta alla settimana nel principale jazz club di Mosca, e il Sasha Mashin Happy Run, dove si incontrava con gli amici per correre dieci chilometri e chiacchierare una volta alla settimana. L’idea di base del laboratorio musicale era quella di abbattere la barriera che inevitabilmente separa il pubblico dal palcoscenico, in modo da promuovere una comunicazione più informale nel corso dei concerti tramite un proficuo scambio di idee. In breve tempo, il laboratorio era diventato un appuntamento fisso per ascoltare ottima musica e un luogo di incontro per creativi che volevano condividere idee e avviare nuovi progetti. Allo stesso modo, anche il Sasha Mashin Happy Run era diventato un popolare evento sportivo amatoriale, che vedeva coinvolti molti degli stessi partecipanti del Sasha Mashin Happy Lab. Le regole erano semplici: si correva per imparare tutto ciò che si voleva, non solo dal creatore dell’evento, ossia Mashin stesso, ma anche da tutti i musicisti o le persone impegnate nella corsa, i quali provenivano da diversi contesti professionali. Ma lo scoppio della guerra ha stravolto tutto ciò, non solo per ciò che riguardava le due manifestazioni ma anche, e soprattutto, nella vita dei singoli. Così, Sasha Mashin ha deciso di lasciare la Russia ed è arrivato in Italia come rifugiato politico, trovando nuovi amici, nuovi musicisti eccezionali che lo hanno accolto sia come persona sia come artista, al punto che oggi il batterista russo sente di poter chiamare Roma la sua “casa” e i suoi nuovi e vecchi amici “la sua famiglia”.

Non per nulla, nelle note di accompagnamento a Happy Run, Sasha Mashin ha scritto testualmente: «Ho la sensazione di aver finalmente terminato la mia corsa. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento veramente felice. Mentre un tempo l’idea di emigrare mi riempiva di terrore esistenziale, non mi sembra nemmeno di essermi allontanato da casa. Gli italiani sono così aperti, amichevoli e solidali che mi sembra di aver completato una maratona e di aver raggiunto il traguardo. Sono a casa». In questo disco spiccano due pezzi, entrambi presenti in questo sampler, vale a dire Yellow Blues di Makar Novikov e la coinvolgente Suite et Poursuite in tre parti di Rosario Giuliani. Se il primo brano mette in evidenza le capacità tecniche e musicali di Makar Novikov, protagonista di un assolo di assoluto rilievo, sollecitato dal ritmo incalzante di Misha Mashin e dall’approfondimento al sax di Rosario Giuliani, Suite et Poursuite, con i suoi quindici minuti di durata, si plasma su sonorità sempre cangianti tramite un costrutto che vede la totale partecipazione dei tre strumenti, una sorta di reciproca solidarietà con la quale serrare le fila, un inno che non è soltanto un incitamento alla resistenza musicale, ma anche storica ed esistenziale, quasi un “manifesto” di ciò che Mashin spiega ancora nelle note di accompagnamento al disco: «Una delle esperienze più belle legate alla corsa è la capacità di pensare e pianificare mentre si corre. In questi momenti, la chimica del cervello cambia in modo significativo, producendo più serotonina e dopamina, e si può pensare in modo più chiaro e preciso. Correndo regolarmente ho capito una cosa importante: non si può fuggire da se stessi. Ma si può fuggire dall’oscurità, sia dentro che fuori di noi. La corsa è uno sport intelligente. Correte felici!».

Dopo averli conosciuti con il loro primo album, Anamorfosi, torna il due chitarristico formato da Umberto Fiorentino & Claudio Quartarone con un nuovo lavoro, intitolato II, del quale il sampler ospita due delle otto tracce che lo compongono, Morning Glory ed Eastwood Bung. A differenza di Anamorfosi, in questo loro nuovo disco i due chitarristi virano maggiormente sul genere blues per esplorarlo e circoscriverlo in modo assai originale e visionario attraverso l’apporto della chitarra semiacustica e della chitarra classica. Come si potrà ascoltare in Morning Glory, il risultato di questa esplorazione porta il duo a produrre due linee melodiche capaci di fondersi idealmente, al punto che in fase di ascolto sembra di sentire il risultato timbrico di un’unica chitarra. Al contrario, in Eastwood Bung vi è un maggior apporto del dato ritmico, ma sempre veicolato attraverso una scrittura in cui la materia melodica prende il sopravvento in un continuo dipanarsi, dando vita a caleidoscopiche forme sonore.

Il sassofonista Cristiano Giardini è il protagonista di un’altra produzione della Birdbox Records, Odisseya, che vede coinvolti anche Paolo Recchia al sax contralto, Luca Mannutza al pianoforte, Kim Baiunco al contrabbasso e lo stesso Sasha Mashin alla batteria. Giardini ha voluto spiegare che cosa si è proposto con quest’album, di cui il sampler ospita due brani, Il Ciclope e Il Sogno. «Il viaggio di Ulisse è solo un esempio di quello che potrebbe essere il viaggio di ognuno di noi, Odisseya è il mio» ha detto il sassofonista siciliano, facendo intendere come questo disco rappresenti fondamentalmente un concept album jazz ispirato al viaggio come avventura interiore e crescita personale. Registrato in presa diretta senza alterazioni di editing in fase di post produzione, Odisseya nasce dalla storia di luoghi cari allo stesso Giardini, vale a dire Acitrezza e i faraglioni, o Isole dei Ciclopi, legati all’Odissea di Omero. Sulle orme mitiche di questi posti, Giardini ha così intrapreso il proprio viaggio combinando elementi di jazz e di musica sperimentale. Il primo dei due brani, Il Ciclope, è un esempio di come un brano venga esaltato da un’incredibile velocità di esecuzione, ma è anche il pezzo-cardine dell’album, visto che indubbiamente ha il richiamo più forte nella storia di Ulisse e che racchiude in sé il legame con la terra di origine di Giardini, Acitrezza, luogo mitologico dello scontro tra lo stesso eroe omerico e il Ciclope. Il brano ha una struttura armonica intricata che richiede grande abilità tecnica e musicale per essere eseguita correttamente, soprattutto a velocità elevate, visto che a livello compositivo il sassofonista siciliano ha messo scherzosamente alla prova gli altri musicisti non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per la loro capacità di interpretazione e creatività. Così, il risultato è stato a dir poco sorprendente e, allo stesso tempo, scontato, in quanto Giardini era pienamente consapevole delle doti di ognuno di loro e per l’amalgama creata dal quintetto. Ma se Il Ciclope colpisce per la sua estrema vitalità, al contrario Il Sogno (traccia presente non nel vinile, ma nel formato di musica liquida Master Studio 88.2khz/32bit) rappresenta un profondo atto di meditazione timbrica, una riflessione al rallentatore, in cui si sprigiona tutto il fascino del sax dell’artista siciliano, cullato dal soffuso incedere del pianoforte e della batteria.Le ultime due tracce del sampler offerto ai nostri lettori riguardano l’album TO GIANTS, frutto di un trio formato da Antonio Simone al pianoforte e al synthesizer, Angelo Verbena al contrabbasso e da Marcello Spallucci alla batteria e tar. Si tratta di un lavoro nel quale il pianista foggiano ha dato vita ad omaggi/trascrizioni dedicati a diversi pianisti-compositori jazz, i quali sono stati altrettanti pionieri dei diversi stili che hanno caratterizzato l’evoluzione di questo genere in chiave pianistica. Colpisce, però, la presenza di un brano come Naima, presente anche nel sampler, scritto non da un pianista ma da quel gigante del sax che è stato John Coltrane, a dir poco imprescindibile nel passaggio dal periodo bop a quello del free jazz. L’altro brano, Giants’ Melodies, riflette la linea guida di questo omaggio, vale a dire la possibilità di ascoltare pezzi dal più caratteristico sound mainstream a quelli con rivisitazione di alcuni temi in una versione più originale e riletti con un sound new jazz, come accade per l’appunto in questa traccia che, nella sua unione, omaggia due brani di altrettanti “giganti” quali Un poco Loco di Bud Powell ed Evidence di Thelonious Monk.
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