La rivisitazione di brani iconici come «Maria» e «Something’s Coming» potrebbe apparire estraniante, ma suggerisce una nuova prospettiva in merito alla fruizione di composizioni così tradizionalmente familiari.
André Previn è senza dubbio una figura affascinante e complessa nel panorama musicale internazionale, perfino sotto il profilo della vita privata. La sua rilettura di «West Side Story» offre spunti di riflessione interessanti. Apprezzato per una non comune tecnica strumentale, l’oriundo musicista (ebreo-tedesco di nascita ed americano di adozione) è stato sovente percepito come un personaggio che «non si faceva notare troppo». Per intenderci, la visibilità mediatica del musicista è sempre stata più bassa rispetto alla sua levatura culturale. Questo paradosso ha alimentato un mistero ed una piccola diatriba tra critici e ascoltatori. Il vezzo di mescolare jazz e musica classica lo rendeva uno strumentista singolare, ma al contempo controverso ed «impuro», forse anche a causa del successo commerciale che nell’ambito jazzistico era visto, spesso, con sospetto. In verità, egli non ha mai avuto il riconoscimento dello status di jazzista a tutti gli effetti. Probabilmente non lo era. Al netto di ogni considerazione, André Previn ha svolto il ruolo di artista polivalente, il suo modus operandi ha abbracciato diverse forme espressive, che ne hanno fatto una figura emblematica nel panorama musicale del XX secolo, quanto mai degna di essere studiata ed analizzata anche ex-post.
Le modalità compositive di André Previn sono segnate da una estesa duttilità e da un approccio eclettico che riflette una ragguardevole esperienza in diversi ambiti musicali, dimostrando, oltremodo, un’abnorme apertura mentale e una spiccata comprensione delle diverse tradizioni musicali. Attraverso l’integrazione dei generi ha saputo fondere vari elementi: dalla classica alla musica leggera, dal latin-tinge al jazz. La tendenza ad un approccio ibrido gli ha permesso di scrivere opere originali e accessibili ad un pubblico generalista e, non necessariamente, di specialisti. Maestro dell’orchestrazione, Previn era capace di scrivere arrangiamenti variegati e ricchi di cromatismi che valorizzavano al massimo le potenzialità degli strumenti. Le composizioni per orchestra sono contrassegnate da un uso sapiente dei timbri e delle dinamiche. Le melodie, spesso liriche e memorabili, evidenziano una predilezione per i temi semplici e diretti, ma mai banali. Per contro, la componente armonica viene definita da una combinazione di elementi classici e jazzistici, con accordi complessi e dissonanze che aggiungono profondità e interesse ai suoi arrangiamenti. Previn ha dimostrato inoltre una notevole padronanza della forma musicale, distillando lavori più immediati che variano da brani brevi e concisi ad opere più ampie ed articolate, ma che presentano una struttura chiara e ben definita, con un equilibrio tra elementi formali e improvvisativi.
È convinzione largamente diffusa che molti appassionati di jazz abbiano preso sul serio «West Side Story» alcuni anni dopo, nel 1966, solo dopo aver ascoltato l’interpretazione di Buddy Rich, il quale rivisitò quei componimenti in una dimensione orchestrale, con uno spirito più jazzly piuttosto manieristico e sulla scorta di un virtuosismo e di una precisione strumentale, tale da sfiorare il parossismo. Per contro, nella sua opera, Previn sviluppa un contrasto affascinante, quasi come se stesse reinterpretando un classico sotto una nuova luce. Registrato in trio con contrabbassista Red Mitchell e il batterista Shelly Manne, la «West Side Story» del pianista oriundo si compone di otto fra i brani più conosciuti del popolare musical, tra cui «I Feel Pretty» e «America». Come sempre, ogni composizione viene eseguita con un profondo rispetto per la partitura originale di Bernstein, ma senza rinunciare a una brillante dose di swing e di elementi jazzistici, con André Previn che sotto tale aspetto non bada spese. La presenza di Red Mitchell al basso come «eroe non celebrato» è un punto cruciale. I suoi assoli moderni e originali apportano una dimensione inedita alla performance, mettendone in evidenza l’importanza nel contesto della registrazione. La capacità di suonare in anticipo sui tempi lo distingue e invita a riflettere su come la percezione del basso nel jazz fosse cambiata nel tempo.
Ascoltare Previn in questa registrazione del 1960 è un’esperienza che richiede attenzione e apertura mentale. Le influenze provengono da una lunga lista di compositori, tra cui Bach, Mozart, Ravel e Stravinsky, oltre che da maestri della tradizione afro-americana come Art Tatum. La capacità di assorbire e metabolizzare tali influenze ha contribuito a forgiare uno stile esecutivo personale e distintivo. La rivisitazione di brani iconici come «Maria» e «Something’s Coming» potrebbe apparire estraniante, ma suggerisce una nuova prospettiva in merito alla fruizione di composizioni così tradizionalmente familiari. La registrazione di Previn, riproposta in vinile audiofilo e masterizzata dai nastri originali, rappresenta un’opportunità per apprezzare in maniera più congrua i suoni e le atmosfere del tempo.
Previn inizia come compositore di colonne sonore a Hollywood negli anni ’40, lavorando per la MGM, attività che lo porterà a vincere quattro premi Oscar per le sue colonne sonore, dimostrando una netta abilità nel creare partiture che s’integravano millimetricamente con le narrazioni cinematografiche. Sul versante jazz, il «pianista» Previn non h mai celato l’influenza di Oscar Peterson e Bud Powell. Come direttore d’orchestra ha ottenuto fama e riconoscimento a livello planetario: ha diretto ensemble prestigiosi come la London Symphony Orchestra, la Pittsburgh Symphony Orchestra e la Los Angeles Philharmonic, mostrando un approccio innovativo nella rilettura di opere famose. Non secondaria deve essere considerata la sua attività didattica. Previn ha dedicato parte della carriera all’insegnamento e alla formazione di giovani musicisti, condividendo esperienza e conoscenza; ha collaborato sistematicamente con artisti provenienti da molteplici ambiti stilistici, dimostrandosi aperto ai più attuali diktat del mercato discografico e alle nuove tendenze, cogliendo appieno lo zeitgeist del momento. L’oriundo musicista è stato un pioniere che ha saputo unire gli stilemi del jazz, della musica classica e del cinema, lasciando un’eredità duratura ed un paradigma ispirativo nell’ambito della moderna composizione. La sua interpretazione di West Side Story non è solo un tributo a Bernstein, ma anche un’esplorazione delle complessità del jazz e della musica eurodotta. In sintesi, l’attività di André Previn si sostanzia attraverso una combinazione di imprevedibilità creativa, talento e versatilità, tanto che la genetica propensione a legare differenti linguaggi sonori, l’affinata abilità nell’orchestrazione ed il senso dell’orientamento melodico hanno fatto di lui uno dei musicisti più rilevanti del XX secolo.

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