Ed eccoci pronti per un nuovo viaggio nel mondo dei suoni.
Perché in un momento storico come questo abbiamo sentito il bisogno e la voglia di avviare una nuova rivista che si occupi di musica e della sua riproduzione?
In fondo, il mercato della musica riprodotta è cambiato drasticamente contraendosi, in quantità, in proporzioni inimmaginabili, se paragonate solo a una ventina di anni fa; il solo scriverlo sembrerebbe un’inutile ovvietà, ma al tempo stesso non si può sempre e solo puerilmente sentenziare «Una volta era meglio… La musica degli anni ’70 non esiste più… Oggi nessuno ha più il senso del gusto, ecc.». Tutte frasi che, almeno da un certo punto di vista, sono però effettivamente corrispondenti a una possibile percezione della realtà, ma che al contempo sposano un’idea che da sempre si manifesta, quando ci si confronta con l’arte. Ricordo che Mozart e Beethoven erano considerati dei folli da gran parte degli appassionati e musicisti, nelle rispettive epoche. E molto di quelli che erano arrivati, anche tardivamente, ad amare Mozart, spesso non riuscivano a comprendere ciò che Beethoven stava sperimentando qualche anno dopo. Ciò non significa però nemmeno che ogni novità sia necessariamente meglio del passato, ma ineluttabilmente la storia ci insegna che senza un passo fuori dal sentiero staremmo ancor ascoltando canto gregoriano.
E allora dove si colloca il punto corretto di attenzione e osservazione, ammesso che esista?
Lo stesso si può dire della riproduzione della musica registrata. Ma davvero, dopo oltre un secolo di evoluzione e ricerca tecnologica nel mondo dell’audio, c’è ancora qualcuno che crede che possa esistere un reference assoluto? Quindi davvero c’è qualcuno che può coerentemente pensare che se davvero esistesse la possibilità di “un’alta fedeltà” che riproducesse un evento sonoro in modo indistinguibile dall’originale, nessuna azienda sul pianeta sia mai riuscita a realizzarla malgrado la tecnologia a disposizione? Per quale ragione quindi migliaia di progettisti e costruttori continuerebbero a cercare nuove soluzioni? Perché esisterebbero diverse filosofie sonore? Eppure moltissimi appassionati pensano (alcuni ne sono proprio certi) di sapere come dovrebbero essere fatte le cose. Da molti anni si parla spesso di effetto Dunning-Kruger. Ecco, credo che nel campo dell’arte, e in particolare dell’audiofilia, ci si trovi di fronte a una delle sue massime manifestazioni.
Ed è anche facile spiegare perché, ma non è questo il momento… ma ci torneremo sopra sicuramente, statene certi.
Perché quindi in una situazione come questa dare vita al progetto GRooVE back.
Per quanto possa apparire assurdo, proprio per questo.
Nel Cambridge Dictionary leggiamo la seguente definizione:
«Get your groove back»
‘To start to be happy, confident, or successful again after a difficult period‘
ovvero:
‘Per ricominciare ad essere felici, fiduciosi o ad avere successo dopo un periodo difficile‘
Bene, noi crediamo che sia importante non solo preservare ciò che è rimasto, ma provare a mettere in movimento nuovi ragionamenti e connessioni, ripartendo dal noto.
La redazione è composta da professionisti che condividono questo spirito e che non temono l’innovazione e il confronto. Anzi ne fanno vanto e ragione dello scrivere.
Quando avevo un negozio di dischi in quel di Trento (dal 1985 al 2000, per due anni come dipendente e successivamente come co-titolare) ero arrivato ad accettare (con una certa dose di ironia) il fatto che la maggior parte degli appassionati e clienti abituali fossero riassumibili in tre macro-categorie:
A. Quelli che ascoltano le registrazioni (e quindi gli impianti di riproduzione)
B. Quelli che ascoltano i dischi
C. Quelli che ascoltano la musica nei dischi
Alcuni appartenevano contemporaneamente ad un paio di categorie soprattutto nelle configurazioni A+B e B+C, ma pochissimi cercavano (all’epoca, almeno) di unire i tre mondi, quasi essi appartenessero ad universi paralleli.
E così melomani (molti musicisti appartengono a questa categoria) ascoltano registrazioni in mp3 con le casse del computer o con auricolari da tre euro. Multimilionari ascoltano la 47a edizione di «Dark Side of the Moon» con l’impianto appena rinnovato disquisendo con gli amici fidati delle differenze abissali tra cavi d’alimentazione a 4 cifre. Altri ascoltano il cane in «Amused to Death» alla ricerca della fase perfetta. Altri cercano l’ennesima versione Live dell’artista preferito, registrata con un walkman a cassette, a 100 metri dal palco, in quel lontano 1986… ma è sicuramente la miglior versione mai ascoltata.
Per non parlare, grazie all’evoluzione dei sistemi domestici del trattamento del suono e di registrazione, dei soggetti «Do It Yourself». Quelli che a casa trasferiscono su dominio digitale un vecchio LP, passando magari per una scheda audio economica e, giocando con compressori e equalizzatori, si auto-restituiscono una versione alternativa del mastering che a detta loro è «infinitamente superiore a qualunque edizione in commercio» (vale anche per gli autocostruttori). È vero, a volte avvengono dei miracoli, ma il più delle volte ci troviamo di fronte alla sindrome del «vino fatto in casa». Mio padre ad un certo punto si produceva il vino nella sua cantinetta, acquistando l’uva da un amico… Per lui era sublime, perché tutto naturale e perché «lui» sapeva essere così… Purtroppo, il resto del mondo, alla degustazione, aveva opinioni diverse, ah ah ah
Ovviamente non esiste l’approccio giusto per tutti. Ognuno poi con il suo tempo e le sue disponibilità economiche può farci ciò che vuole, ma dovrebbe essere sempre cosciente che la sua è «una posizione», non la realtà; al massimo, nel migliore dei casi, può configurarsi come una delle possibili verità, che però possono essere accertate solo attraverso un confronto scevro da eccessi di ego o feudali.
Personalmente credo che la cosiddetta tifoseria da stadio sia sempre e solo dannosa, se si cerca una qualunque verità. E attenzione, ricordiamoci che realtà e verità possono essere sinonimi, ma per un’unica realtà possono esistere più verità a seconda del punto di vista, del tempo, delle condizioni, del pregiudizio, della cultura, della competenza e di infinite altre sfumature caratteristiche dell’osservatore.
In questi discorsi si inserisce prepotentemente anche la questione del «gusto personale», ma anche su questo argomento torneremo prossimamente.
A GRooVE back amiamo la musica, che sia dal vivo o registrata, che sia riprodotta da un impianto domestico o in un concerto. Vorremmo cercare di riportare l’attenzione sulle questioni fondamentali, ricordando ciò che diceva Philip K. Dick e cioè che la realtà è sempre una questione di percezione. Anche una martellata su un dito, aggiungo io. Di assoluto esistono ben poche cose: la respirazione, il battito cardiaco e poche altre che però adesso non mi vengono in mente, ah ah ah
Racconteremo di punti di vista, mediati dal confronto, nella speranza di incuriosire e, magari, smantellare alcune certezze (se basate su postulati personalizzati e non sostenibili in un confronto serio e costruttivo).
La storia dell’arte ci insegna moltissimo. Non fermiamoci alla superficie, perché qualunque superficie di questo fantastico poliedro è pur sempre e solo una superficie.
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